Quello che sta avvenendo in Palestina è una tragedia, provocata dall’attacco terroristico di Hamas contro gli israeliani, che segue altre tragedie provocate e subite da israeliani e palestinesi, e tutto lascia purtroppo supporre che questa spirale continuerà. In questi casi alcuni sostengono che l’origine dei massacri non starebbe nella religione ma nella politica. Chi lo dice, di solito, cerca di isolare alcuni aspetti delle religioni e di nasconderne altri.

La politica è “l’attività svolta per il governo di uno stato, il modo di governare, l’insieme dei provvedimenti con cui si cerca di raggiungere determinati fini”, termine “seguito da varie qualificazioni, sempre con riferimento concreto all’esercizio del potere” (Treccani). Dunque, le religioni sono intrinsecamente politiche perché si dedicano sempre all’esercizio del potere, fosse anche (talvolta, raramente) solo un potere spirituale.

“Non ho bisogno di Dio per comportarmi onestamente verso gli altri” – dice Margherita Hack –; diversamente, l’Ivan Karamazov di Dostoevskij sostiene che “se Dio non esiste, tutto è permesso”; ma la storia ci mostra che in nome del proprio dio tutto è stato permesso. Non solo, tutto è stato giustificato e le religioni – che pure, tutte, predicano amore e misericordia – “aiutano” anche, se non a promuovere, a sopportare la guerra.

Non è facile andare a ammazzare e a rischiare la propria vita. Per farlo bisogna uscire dall’ordinario e giustificare queste azioni “straordinarie”, con un bene superiore e successivo: ora ammazzo e mi faccio ammazzare per la gloria eterna di dio, per la futura grandezza della patria, per la giustizia, per vendicare i torti, ecc. L’attitudine a questa “straordinarietà” può essere coltivata con i riti religiosi e con l’addestramento militare, anche con l’imprinting delle proprie esperienze (Giulio Andreotti ammise: “Se fossi nato in un campo profughi del Libano, forse sarei diventato anch’io un terrorista”).

La storia non deve essere usata per giustificare i massacri: spianare Gaza perché bisogna punire i terroristi (anche i palestinesi che avversano Hamas), o ammazzare gli ebrei perché hanno espropriato i palestinesi (anche gli israeliani contro Netanyahu). La storia deve essere conosciuta per capire come si è arrivati alle tragedie attuali e soprattutto per cercare un percorso (sia pure faticoso, parziale, tortuoso) per superarle, per mantenere i propri valori e la propria identità, ma senza assolutizzarli e contrapporli agli altri, perché “dio lo vuole”.

Le radici sono profonde e inestricabili: c’è lo storico antiebraismo della chiesa (contro i giudei deicidi) e delle élite (come nel caso Dreyfus); i pogrom promossi da ortodossi russi, cattolici polacchi, protestanti prussiani; la nascita del sionismo per avere un “focolare” (ipotizzato inizialmente in Africa); la “soluzione finale” promossa dal cattolico Hitler; il “risarcimento” offerto dalle potenze occidentali agli ebrei sopravvissuti, con l’insediamento in Palestina, senza “compensare” gli autoctoni; la fondazione dello Stato di Israele; i vari tentativi di distruggerlo; le risoluzioni dell’ONU; le strumentalizzazioni geopolitiche della questione palestinese; i campi profughi; ecc. ecc.

Questo incompleto e schematico elenco solo per ricordare l’inestricabile intreccio delle radici e delle responsabilità, che dovrebbero spingerci a cercare soluzioni eque e condivise, il contrario delle contrapposizioni su base etnica e religiosa, tollerate e spesso strumentalmente alimentate, per fini di potere e per interessi economici, sia tra gli israeliani, sia tra i palestinesi; contrapposizioni alimentate tragicamente in Palestina, miserabilmente nella politichetta nostrana.

È difficile anche solo immaginare soluzioni a breve termine, basate su giustizia e uguaglianza; gli appelli solo etici contro il terrorismo e la guerra servono a poco e talvolta appaiono ipocriti; il dibattito da tifosi sui media nostrani è insopportabile; bisogna comunque cercare una soluzione politica, che oggi eviti l’escalation e promuova una politica laica. Che sia usato solo spiritualmente o anche politicamente, in ogni caso, dio non ci aiuta.