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Recentemente i media hanno rilanciato la proposta di legge dell’on. leghista Barbara Saltamartini del 26/3/18 finalizzata a introdurre l’obbligo del crocifisso negli uffici pubblici, nelle scuole e nelle università, nei tribunali e nelle carceri, in aeroporti, porti e stazioni ferroviarie.
Il successo (per ora nei sondaggi) della Lega dipende molto dalla sua capacità di dettare l’agenda, cioè di far discutere di ciò che interessa (e evitare di discutere di ciò che avvantaggerebbe gli avversari).
Non c’è dubbio che tra le cose che interessano la Lega ci sia il consolidamento del potenziale consenso tra gli elettori cattolici più o meno tradizionalisti. Vedi Salvini col rosario o il neosindaco di Cinisello che invia alle parrocchie la sua prima lettera: non un fascioleghismo minoritario ma una confessionale riedizione della DC.
Non tutta la chiesa gradisce questo abbraccio strumentale: Avvenire, Famiglia Cristiana e altri prendono le distanze, infastiditi. Ma la chiesa è un mondo complesso e articolato, rigido nei principi e flessibile nelle tattiche, capace di coltivare molte relazioni, anche contrapposte, e di contrattare vantaggi con tutti.
E il principale vantaggio ottenuto è che la religione sta rioccupando lo spazio pubblico, nonostante la nostra repubblica si dichiari laica. Lo stesso Corrado Augias (“se fossi cristiano mi ribellerei a questa banalizzazione“) sembra contrapporre cristiani buoni a cristiani cattivi. Il risultato di uno scontro politico tra “buonisti” e “cattivisti” è la legittimazione della presenza della chiesa sulla sfera pubblica e una dialettica politica centrata tra cattolici di diverso orientamento.
Strumentale o meno, la Lega di Salvini produce e utilizza un clima sociale che non è fatto solo di estemporanee proposte di legge (che neanche arriveranno in aula perché non fanno parte del “contratto” di governo col M5s), ma si alimenta di una miriade di iniziative (non solo leghiste): sindaci che patrocinano messe e vi partecipano con fascia tricolore, vescovi che benedicono opere pubbliche alla presenza di autorità civili (sindaci, presidenti di regione, parlamentari, prefetti, questori, ufficiali dei carabinieri, ecc.), boicottaggio più o meno esplicito delle unioni civili in alcuni comuni, madonne piazzate sui grattacieli di Milano (se più alti del duomo), ecc. ecc.
Si può anche reagire con battute (“alle scuole date prima la carta igienica..”), o rassegnati perché il Consiglio di Stato (parere n. 63 del 27/4/88) ha dichiarato che non si può vietare l’esposizione del crocefisso negli uffici pubblici in quanto “fa parte del patrimonio storico”.
In realtà le norme esprimono (più o meno direttamente e adeguatamente) la cultura dominante: se non si lotta quotidianamente per le proprie convinzioni, quelle avversarie diventeranno prima senso comune e poi leggi.