Che ne è della laicità negli Stati Uniti d’America? Nelle nostre iniziative – per esempio nelle conferenze sulla laicità alla Casa della cultura – abbiamo discusso dei tre principali modelli europei: quello “separatista” francese che dichiara l’assimilazione ma non riesce a praticarla nelle banlieue; quello “multiculturalista” inglese che produce ghetti governati da cacicchi etnici; quello “concordatario” promosso dai cattolici che mantiene privilegi sostanziali per la chiesa.
La laicità USA risente della sua storia e della sua mitologia: la colonizzazione del Nord America è stata sostenuta da minoranze religiose europee in fuga dalle persecuzioni, che hanno promosso una Costituzione USA rigorosamente laica riguardo al pluralismo religioso, ma non alla separazione tra religione e politica (paradossalmente in Uk e in altri Paesi scandinavi, anche se permangono chiese di Stato nazionali, l’ingerenza sostanziale delle religioni nella sfera politica è molto più bassa che negli States).
Mentre in Europa la formazione degli Stati-nazione moderni (in Italia il Risorgimento) è avvenuta “contro” le confessioni dominanti (in forme e misure diverse, con espropriazioni, scissioni, ecc.), negli USA il legame tra politica e religioni (cristiane) è sempre stato forte, sia pure in forma “pre-confessionale“: si giura sulla Bibbia, sul dollaro c’è scritto “in God we trust”, i politici (repubblicani e democratici) partecipano ai National Prayer Breakfast.
In altri termini, negli USA le credenze religiose si sono fuse, fin dall’inizio, in una convinzione politica profonda della superiorità dell’american way of life: un “destino manifesto” che giustificherebbe la loro egemonia, un progetto politico-religioso che regge finché c’è chi ci crede. Ma quando si sono accorti, soprattutto negli ultimi decenni, che non tutti erano affascinati dal loro provvidenziale “impero”, sono iniziati i guai. C’è ora una spaccatura sempre più profonda e inconciliabile tra i liberal che mettono in discussione questi fondamenti politico-religiosi, e i nuovi conservatori che vogliono recuperarli: prendendo “alla lettera” la Bibbia (anche quando giustifica la violenza, la schiavitù, la subordinazione della donna) o rileggendola con una “teologia della prosperità” (si prega dio, e si finanzia la chiesa, per garantirsi il successo).
Il fondamentalismo cristiano è stato soprattutto protestante; chiese neopentecostali hanno finanziato e diffuso l’american dream e la teologia della prosperità in America latina e in Africa; negli USA hanno spalleggiato (a partire soprattutto da George W. Bush) il partito repubblicano, fino a svuotarlo e conquistarlo con Donald Trump. Negli ultimi anni, però, molti fondamentalisti protestanti (come J.D. Vance) si sono convertiti al cattolicesimo. In passato il cattolicesimo era la religione degli immigrati latini e irlandesi, un handicap (J.F. Kennedy divenne presidente nonostante lo fosse); invece oggi il cattolicesimo è diventato la confessione prevalente dell’establishment (6 giudici su 9 della Corte suprema sono cattolici) e è ampiamente orientato su posizioni fondamentaliste.
Diversamente dall’Europa dove anche chi si dichiara credente adotta quasi sempre una religione accomodante, “a bassa intensità”, negli USA sono molto numerosi i fedeli che aderiscono in modo intransigente alle prescrizioni della religione (in particolare contro l’aborto e il relativismo delle scienze) e ciò determina una frattura profondissima, di senso, con la parte secolarizzata della società statunitense.
La laicità non è rifiuto delle credenze religiose ma della loro pretesa (spesso non solo etica) di essere la guida del mondo; neutralità e pluralismo sono i due principali parametri della laicità per garantire la separazione tra la sfera pubblica della politica e la sfera privata della religione. Forse negli USA resisterà ancora un po’ di pluralismo (tra chiese cristiane, purché non si oppongano al President), ma la già scarsa neutralità sta diventando un vero e proprio arruolamento di dio contro chi dubita dell’american dream.
Trump, che si è autoproclamato “chiamato da Dio”, sta tentando un regime change (pieni poteri all’esecutivo), eliminando i checks and balances (i controlli del legislativo e del giudiziario), e la residua laicità (se è dio che lo vuole chi sei tu per discuterne?).
E in Italia c’è chi vorrebbe scopiazzare…
31/10/25
Vedi anche:
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