Abbiamo partecipato come ArciAtea alle varie iniziative per fermare il massacro a Gaza e a sostegno della Flottilla e, con la stessa consapevolezza di essere solo una goccia del mare, cerchiamo di riflettere sulle prospettive. Non pretendiamo certo di “dare la linea”, neanche ai nostri iscritti, figuriamoci al resto del mondo; torti (molti) e ragioni (un po’ meno) attraversano il tempo e lo spazio della Palestina e non andrebbero considerati con la logica semplificatoria del tifoso.

Può essere utile cercare di individuare dei criteri, almeno a maglie larghe, a partire dalla necessità di rafforzare un movimento di opinione che contribuisca a fermare il massacro dei gazawi (scriviamo mentre sembra concretizzarsi la tregua promossa dagli Usa). Serve però riflettere anche sulle prospettive a più lungo termine (alleghiamo una tabella che abbiamo usato come base di discussione).

Il diritto internazionale è sempre stato debole perché la sua effettività è condizionata dalle grandi potenze. Anche in uno Stato-nazione che ha formalmente il monopolio della forza, le leggi non sono sempre giuste, prive dei condizionamenti dei potenti, effettivamente applicabili; figuriamoci le leggi internazionali e il ruolo dell’ONU. Siamo inoltre in una fase storica in cui sembra crollare definitivamente l'”ordine” mondiale stabilito nel secondo dopoguerra e riaffermarsi il diritto del più forte, senza neanche la mitigazione del pudore.

Ciò nonostante, e con la consapevolezza dei suoi limiti, il diritto internazionale e il ruolo dell’ONU dovrebbero restare un criterio di riferimento, etico e politico (non basta l’indignazione morale).

Il diritto internazionale riconosce la legittimità di una risposta a una aggressione e il diritto di resistere a una invasione, ma il massacro del 7 ottobre non può essere qualificato come legittimo atto di resistenza, né tantomeno può essere considerata legittima la risposta di Israele che non ha prodotto solo qualche “effetto collaterale” ma un vero genocidio.

Però il giudizio formale sulla legittimità dal punto di vista del diritto internazionale andrebbe accompagnato da considerazioni politiche sull’obiettivo da perseguire, anche a lungo termine. Oggi è prioritario fermare il massacro, ma c’è il rischio che una semplice tregua faccia riesplodere le contraddizioni in un futuro prossimo. Per i limiti di questo scritto, omettiamo questioni pure importantissime sulla storia, sul colonialismo, sulla geopolitica.

A nostro parere la soluzione da perseguire è la costituzione di un unico stato laico (federale e plurinazionale). Non è una prospettiva nuova: già nel 1947 una commissione dell’ONU aveva avanzato questa proposta ma l’Assemblea Generale dell’ONU aveva dovuto ripiegare sulla partizione tra uno Stato ebraico e uno Stato arabo; poi la guerra del 1948, la nabka, ecc.

Posizioni favorevoli alla convivenza in uno Stato laico (federale, plurietnico e plurireligioso) sono esistite e esistono tuttora, sia tra gli israeliani che tra i palestinesi, ma sono minoritarie. Questa soluzione oggi è irrealistica, ma è l’unica che offre una prospettiva positiva.

La proposta dei riconoscimento dello Stato Palestinese è da sostenere in quanto fornirebbe supporti e dignità ai palestinesi e isolerebbe l’ipotesi della “Grande Israele”, ma la soluzione dei due Stati è ormai altrettanto irrealistica, se non nella forma di apartheid con “bantustan” per fornire manodopera a basso costo.

Nelle grandi manifestazioni di questi giorni a sostegno dell’iniziativa della Sumud Flottilla (e attraversate da forti emozioni) alcuni manifestanti gridavano Palestina libera dal fiume al mare: forse senza tenere conto che “dal fiume al mare” è proprio ciò che sta realizzando il governo Nethaniahu con la pulizia etnica dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania; probabilmente lo slogan era solo una estremizzazione verbale e non la prospettiva alla Hamas di una, peraltro irrealistica, pulizia etnica e genocidio speculari.

La situazione israelo-palestinese è talmente incancrenita che è difficile anche solo immaginare una soluzione concreta; a breve termine bisogna sostenere tutte le iniziative che possano interrompere il massacro dei palestinesi e isolare tutti i fondamentalismi religiosi e politici.

A lungo termine, ma iniziando da subito, andrebbero supportate tutte le iniziative locali e internazionali volte a rafforzare le attuali minoranze israeliane e palestinesi disponibili alla convivenza in uno Stato laico plurinazionale.

9/10/25

Vedi anche un riassunto del diritto internazionale umanitario dei conflitti armati (ad bellum e in bello) elaborato dalla Croce Rossa (scarica il pdf sintetico e quello più  esteso); scarica il pdf della tabella traccia  per la  discussione di ArciAtea; vedi le conf  sul diritto internazionale con la prof. Alessandra Viviani: