Il governo di Giorgia Meloni, più che al fascismo “rivoluzionario” dei diciannovisti, sembra ispirarsi all’ideologia reazionaria e clericale di quelli che, dopo la Liberazione, si trasferirono nella destra DC degli anni ’50; e finora, ha solo aggiunto alcuni elementi autoritari, clericali e reazionari, all’agenda Draghi.

In una corsa a occupare poltrone e cadreghini, in concorrenza con i fratelli-coltelli berlusconiani e leghisti, il partito di Meloni coltiva i rapporti con varie corporazioni, sul bagnasciuga dei balneari e nei campi di Coldiretti.

Per sostenere quest’ultima corporazione – e in “coerenza” con la propria ideologia antimodernista – il governo ha fatto approvare dalla Camera (il Pd si è astenuto, M5s e Avs hanno votato contro) un disegno di legge contro la carne coltivata. Fuori, i parlamentari di +Europa che protestavano dicendo “coltivate ignoranza, il divieto alla carne coltivata è antiscientifico e anti italiano”, sono stati aggrediti da rappresentanti di Coldiretti.

È importante capire, al di là della gravità dell’episodio dell’aggressione, l’ideologia e il clima che l’hanno generata: il disegno di legge comunque non vieterà del tutto la diffusione della carne coltivata perché è in contrasto con le norme europee, ma è chiaro che l’obiettivo del governo – come in altre occasioni – è soprattutto fare leggi-manifesto, non importa se ineffettuali, purché utili a propagandare la loro ideologia reazionaria.

La destra vuole imporci la sua idea di “natura”, con i relativi pregiudizi: sul ruolo delle donne, sui comportamenti sessuali, sulla religione, su cosa dobbiamo mangiare, ecc.: è una concezione autoritaria, l’opposto dell’idea di libertà che si è affermata con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, per cui ciascuno è libero di scegliere la sua religione (compreso il non volerne alcuna), di fare sesso come gli piace (purché tra adulti consenzienti), di mangiare quello che preferisce, che sia polenta valsugana o cuscus, pecorino sardo o insetti (purché non dannoso alla salute).

E soprattutto vuole coltivare le sue clientele con le varie corporazioni, in questo caso con la Coldiretti, contrastando anche la ricerca scientifica e gli interessi economici dell’Italia.

Per chi non lo sapesse già, la carne coltivata è sostanzialmente uguale alla carne degli animali macellati, salvo che è coltivata in laboratorio tramite le loro cellule staminali. Oggi il processo di produzione è ancora troppo costoso ma la ricerca sta procedendo. Utili informazioni possono essere tratte anche dalla conferenza su “Prepararsi al futuro: dalle nuove terapie alla carne coltivata” che si è tenuta il 21 febbraio 2023 alla Casa della Cultura di Milano con Manuela Monti e CarloAlberto Redi.

Monti e Redi, non a caso, insistono sul concetto di cittadinanza scientifica, cioè sulla necessità della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, senza cui non c’è democrazia. Ma per essere effettiva la partecipazione del cittadino deve essere consapevole, anche in materia di evoluzione della scienza e della tecnica. Il contrario di quanto sostiene il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida (FdI, nonché cognato di Giorgia Meloni).

Manuela Monti e CarloAlberto Redi affermano nel loro saggio Prepararsi al futuro: “Avanzamento del sapere e alfabetizzazione scientifica dei cittadini sono mete da perseguire unitamente al fine di sviluppare una società democratica basata su giustizia ed equità: solo cittadini dotati degli strumenti concettuali per valutare criticamente le nuove frontiere del sapere scientifico possono garantire un sistema democratico, perché capaci di incidere efficacemente e direttamente sul corpo sociale con le proprie autonome opinioni su ciò che si ritiene lecito, e ciò che non si desidera venga applicato degli avanzamenti delle conoscenze. Conoscenze che sono oggi essenzialmente legate alle applicazioni tecniche delle scienze della vita, della biologia.”

La realizzazione di un processo di produzione economico della carne coltivata in laboratorio non imporrebbe a nessuno uno specifico stile alimentare, ma amplierebbe una serie di opportunità (ancora più che nel caso delle farine proteiche di altra origine).

Le disuguaglianze dipendono soprattutto dai rapporti di potere e dalle relative scelte politiche, non dipendono solo da scelte tecniche e scientifiche, ciò nonostante sono evidenti i vantaggi sociali di poter disporre di cibo economico, che potrebbe anche ridurre l’esigenza di emigrare.

Anche i vantaggi per l’ambiente sarebbero enormi, vista l’impronta ecologica pesante degli allevamenti intensivi, della produzione di mangimi, dell’occupazione di suolo, dei disinfestanti, ecc. Ci sarebbero anche i vantaggi etici di ridurre la sofferenza degli animali costretti, prima della macellazione, a crescere in spazi ristretti e in condizioni terribili negli allevamenti intensivi (vedi anche Valerio Pocar, Con la scienza oltre lo specismo).

Ma tutto questo non interessa a chi combatte lo Stato laico della modernità, per imporre la propria idea autoritaria di padre-padrone-padreterno, coltivando le “amicizie” delle corporazioni.