Le disposizioni delle autorità sanitarie per limitare il contagio, in particolare l’invito a starcene in casa, ci offrono l’occasione per leggere (o rileggere) libri e riflettere su eventi storici.
Possiamo così scoprire che queste crisi sono state più o meno drammatiche, ma anche l’occasione – nel bene o nel male – per cambiamenti sociali di vasta portata.
Prendiamo ad esempio la peste nera della Firenze del XIV secolo: dopo la pandemia del 1348, che uccise quasi la metà della popolazione, si ebbe in Italia e in Europa una riduzione delle disuguaglianze superata solo da quella avvenuta nel XX secolo a seguito della fine della prima globalizzazione, delle due guerre mondiali e dei “trent’anni gloriosi” successivi.
«I salari dei lavoratori d’ogni genere tesero davvero ad aumentare sensibilmente dopo la Peste Nera del Trecento determinando però reazioni molto diversificate […] In alcuni luoghi (ad esempio a Firenze) una politica relativamente “liberista” in merito all’andamento dei salari dei lavoratori urbani di vario genere si accompagnò a decreti contra laboratores, vale a dire contro i lavoratori impiegati nelle campagne, cui si tentò di impedire di trarre alcun vantaggio dalla situazione», cioè dalla scarsità di manodopera (Guido Alfani, Alessia Melegaro, Pandemie d’Italia. Dalla peste nera all’influenza suina: l’impatto sulla società, Egea 2010).
Può essere interessante rivedere lo streaming di un incontro tenutosi nel gennaio 2017 alla Casa della Cultura di Milano: “L’età preindustriale fra statistica e dinamica”, con Guido Alfani e Matteo di Tullio, del ciclo a cura di Franco Amatori “Come siamo diventati globali. Lezioni di storia economica”.
Insomma, dobbiamo rispettare le disposizioni ma non disattivare il cervello: il nostro messaggio è: aperti per coronavirus, con l’intelligenza e le dovute precauzioni.