La laicità dello Stato italiano è scarsa ed è in riduzione; non basta l’insegnante di religione e il cappellano militare, adesso si vuole sperimentare anche l’infermiere parrocchiale: lo prevede un’intesa tra un ente pubblico (l’ASL Roma 1) e il Vaticano.
Per don Angelelli della CEI “così raggiungiamo chi non riesce a intercettare i servizi dello Stato”, per il direttore dell’ASL Roma 1 Angelo Telese “Il progetto vuole essere la sperimentazione di un modello integrato tra Servizio sanitario nazionale e le parrocchie”.
Già nel febbraio scorso l’ASL Roma 1 ha promosso, insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Manifesto Interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita, senza coinvogere le associazioni laiche, come invece è stato fatto a Milano e in altre città in materia di stanze del silenzio e assistenza spirituale aconfessionale.
In un periodo di riduzione delle prestazioni sanitarie, con milioni di italiani che rinunciano alle cure per ragioni economiche, abbiamo bisogno di tutto tranne che usare risorse per le parrocchie, di fatto soprattutto a vantaggio delle parrocchie.
L’evoluzione dal medioevo all’età moderna ha significato passare dalla carità ai diritti, dall’assistenza fornita dalle congregazioni religiose al servizio sanitario nazionale, dalla preghiera per espiare i peccati alla cura basata sulla scienza.
È la laicità dello stato che pone queste distinzioni, rese ora più incerte dalla “sperimentazione” della figura dell’infermiere parrocchiale, nel solco del ddl Pillon e del WCF di Verona.