Vogliamo essere liberi e uguali, quindi utilizziamo le verità parziali e provvisorie della razionalità scientifica; siamo agnostici perché l’esistenza e la non esistenza di divinità non sono dimostrabili tramite la logica; siamo atei perché tramite la storia, l’antropologia, la sociologia, ecc. possiamo spiegare la creazione umana delle divinità e delle religioni. Detto ancora più sinteticamente, siamo razionalisti, agnostici, atei, per l’autodeterminazione dell’umanità, quindi per la laicità dello Stato.

Essendo contrari a ogni tipo di dogmatismo (non solo religioso) ci interroghiamo continuamente sulla consistenza delle nostre parziali e provvisorie verità; per esempio, ci chiediamo se sia necessaria una propaganda dell’ateismo e una militanza laica.

Negli scorsi decenni, in particolare nel Regno Unito e negli Stati Uniti, hanno riscosso un certo successo i new atheist (Richard Dawkins, Daniel Dennett, Sam Harris, Christopher Hitchens e altri) con libri che criticavano apertamente le religioni, ma sono stati a loro volta attaccati (per il loro “furore iconoclasta”) non solo dai religiosi ma anche dagli atei devoti delle élite dominanti, che hanno riscoperto la funzione di controllo sociale esercitata storicamente dalle chiese.

La crisi della speranza e delle lotte per un mondo migliore, laico e socialista, ha favorito qualche revanche de dieu, non solo da parte dei fondamentalismi, anche della “terza via”. Per Tony Blair «La speranza è un prodotto della fede … Credo che i gruppi religiosi siano impagabili scuole di virtù e che possono essere parte della soluzione nel XXI secolo» (intervistato da Avvenire 5/6/12: “rilanciare il principio-speranza”).

Anche le sinistre “radicali” spesso annegano nella società liquida e postmoderna, e abbandonano la propria ideologia assumendo quella dominante, anche inconsapevolmente. Ne risulta un generico umanismo basato sull’equivalenza di tutte le visioni del mondo, su un multiculturalismo che non affronta le contraddizioni sociali ma le confina nei ghetti delle periferie, sul politicamente corretto deriso anche dalla destra liberale: «C’è posto per tutti in questa zuccherosa ed egalitaria versione dell’ateismo non più militante, una forma di umanesimo secolarizzato che è “una specie di liberalismo del Ventunesimo secolo, e molti dei suoi aderenti hanno assorbito la tendenza liberal moderna di fuggire dall’ideologia per abbracciare un messaggio di inclusione senza giudizio”, scrive Worthen» (Il Foglio 3/6/15, “Ateismo accomodante”).

Poi, ovviamente, l’ateismo è criticato dai religiosi. I fondamentalisti delle varie confessioni ribadiscono ovunque le loro cosmogonie letteraliste; nell’Europa secolarizzata, dove pochi partecipano ai riti e molti aderiscono a una religione “a bassa intensità”, la propaganda religiosa deve presentarsi come razionalista. Visto che la fede tira poco bisogna accostarla alla scienza, con invidiabile capacità acrobatica, «pilastri l’una dell’altra per un mondo più umano» (Bergoglio); molte istituzioni vaticane sono state create o rinominate aggiungendo il termine “scienza”: abbiamo la Pontificia Accademia delle Scienze, il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, l’Istituto Scienza e Fede dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, e numerose altre.

Sostengono che l’ateismo in generale, e quello dei new atheist in particolare, sarebbe «un mero “ateismo come contro religione” o un “ateismo biologistico”, nel senso che enfatizza e assolutizza la scienza – e la biologia evolutiva – senza in realtà voler trattare la complessità del ‘problema Dio’ che interroga l’uomo dalla nascita della filosofia in avanti» (Acta Philosophica, recensione a “Dio e il nuovo ateismo” di John Haught). In altri termini, applicano il relativismo della scienza alla loro caricatura della scienza per sostenere il loro assolutismo («la fede non è qualcosa di irrazionale, anche se non può essere paragonata alla scienza e messa sul suo stesso livello»).

Da questa rassegna breve – quindi necessariamente schematica, si vedano gli articoli sul sito e le conferenze su YouTube per approfondimenti – si può capire che non condividiamo la critica di “proselitismo para-religioso” rivolta da alcuni a chi sostiene con determinazione il razionalismo scientifico, l’agnosticismo logico e l’ateismo. Non siamo individui isolati, dotati di una qualche essenza metafisica, ma esseri sociali, definiti dalle nostre relazioni; siamo liberi nella “gabbia” del contesto sociale e dobbiamo lottare per allargarla concretamente, contro le limitazioni e i condizionamenti delle religioni. Vogliamo essere assertivi e dialoganti, come Margherita Hack (vedi la pagina sMHack Day).

Siamo interessati alle conseguenze sociali, non tanto a una disputa intellettuale. La militanza laica, quindi, non è necessariamente contro chi crede in qualche religione, ma contro chi pretende di governare lo Stato sulla base di una Verità rivelata e indiscutibile, di un dogma religioso o politico: per noi è sempre attuale l’etsi deus non daretur di Grozio.