Siete stupiti per l’invito del papa e di eminenti personalità cattoliche ad anteporre la cura dell’anima al contenimento della pandemia? Non dovreste perché questo è un punto fermo del cattolicesimo, che accomuna progressisti e conservatori. Prendiamo il caso del preservativo.

L’uso del preservativo è vietato, anche tra marito e moglie, perché – ha detto Paolo VI nell’enciclica Humanae Vitae – “l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità” (HV 12), cioè gli atti contraccettivi impediscono gli atti di autentico amore.
Papa Wojtyla ha distinto amore e godimento: “violando le leggi della natura, si viola anche la persona, facendone un oggetto di godimento, anziché farne un oggetto di amore. La disposizione alla procreazione, nei rapporti coniugali, protegge l’amore, è la condizione indispensabile di una vera unione delle persone” (K. Wojtyla, Amore e responsabilità, p. 218).
Giovanni Paolo II ha aggiunto che gli sposi che fanno contraccezione “si attribuiscono un potere che appartiene solo a Dio: il potere di decidere in ultima istanza la venuta all’esistenza di una persona umana” (17/9/83).
Il vigente Catechismo della Chiesa cattolica (CCC 2370) dichiara che “è intrinsecamente cattiva ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione”. Figuriamoci il sesso fuori dal matrimonio, l’aborto, ecc. ecc.

Si potrebbe obiettare che in certe situazioni l’uso del preservativo può rappresentare il male minore, come nel caso dell’HIV che sta uccidendo tantissime persone, soprattutto in Africa.
Ma Paolo VI, che conosceva i suoi polli e la loro propensione a reinterpretare tutto creativamente, ha messo nero su bianco in enciclica: “Né, a giustificazione degli atti coniugali resi intenzionalmente infecondi, si possono invocare, come valide ragioni, il minor male”.
Cioè, morire di AIDS è il male minore rispetto alla superbia umana di decidere di non procreare.

L’assurdità del divieto – e la diffusione delle pratiche contraccettive anche tra i cattolici praticanti – è tale che, periodicamente, frasi ambigue sull’uso del preservativo di Martini, Ratzinger, Bergoglio, vengono salutate come l’inizio di un cambiamento “epocale”, salvo poi essere rapidamente reinterpretate nel modo consueto, quello dell’Humanae Vitae e del Catechismo.
È innegabile che ciò provoca sofferenze, ma il cattolicesimo si fonda proprio sul celebrare la sofferenza e offrirla al signore, riaffermando sempre i suoi principi, conditi con un po’ di “misericordia” (spesso pelosa) per i singoli casi.

Pazienza se tutto questo fosse una prescrizione per i soli fedeli; invece sono continui gli interventi sullo Stato e su noi tutti.
Ricordate la campagna anti AIDS del 1992 destinata agli studenti e basata sul fumetto del Lupo Alberto?
Il ministero della salute preparò un opuscolo per bloccare la diffusione dell’HIV, ma il ministero dell’istruzione (a guida DC e su pressione del Vaticano) bloccò la diffusione dell’opuscolo, evidentemente considerandola più grave della diffusione dell’AIDS.

Analogamente oggi del coronavirus.