Ai materialisti piace festeggiare, che sia il solstizio d’inverno, il Sol Invictus, la nascita di un messia da una donna certificata vergine dopo 1854 anni. Ad almeno una parte di questi materialisti, però, piace anche riflettere un po’ su quello che succede intorno mentre stanno festeggiando.

Effettivamente queste feste di fine 2023 vedono problemi che non sono molto stimolanti per brindisi e panettoni: abbiamo le guerre in Ucraina e a Gaza, i femminicidi continuano senza soste, continua la pedofilia con la CEI che blocca le indagini indipendenti istituendo ipocriti “centri di ascolto”, poi periodicamente appaiono madonne con la congiuntivite che piangono e politici con i rosari che ridono, volpi nel pollaio che inneggiano alla “transizione” energetica, e l’elenco potrebbe continuare a lungo.

È evidente che lo spirito natalizio è in calo da tempo: la secolarizzazione avanza e anche chi ancora si dichiara cattolico vive una “religione a bassa intensità”. Il cattoleghista presidente della Camera Lorenzo Fontana – visto che, anticipando il cattomeloniano presidenzialismo, al Parlamento non è consentito di fare emendamenti alle leggi – passa il tempo a inaugurare presepi, sperando così di neutralizzare la crudeltà laicista delle maestre che hanno dichiarato (addirittura) che Babbo Natale non esiste agli ignari bambini! Beh, diciamo, a quelli che non sono del tutto informati sul black friday e sulle offerte di Amazon.

Ormai il bambinello è usato soprattutto per scopi commerciali. Anche in qualche città governata da un sindaco leghista vengono promossi i mercatini e le giostre con la diffusione comunale sulla pubblica piazza di musiche natalizie in stile e lingua Disney: insomma, più che sovranisti sono sindaci attenti alla corporazione della Confcommercio. Però anche il Babbo Natale in formato Coca-Cola è un po’ in difficoltà, e in giro si vedono meno luminarie e meno pupazzi rossovestiti che si arrampicano sui balconi.

Ai soliti materialisti viene il dubbio che ciò dipenda anche dalle condizioni materiali di vita e di lavoro. Non è certo tutto “merito“ di questo governo, che ha aggiunto solo alcuni tratti autoritari alle politiche neoliberiste dei suoi predecessori, ma se usciamo dalla “discussione” talk show su questo o quell’indicatore a breve termine, che consente a ciascuno di dire che va tutto bene o va tutto male, gli indicatori a lungo termine restano preoccupanti e non aiutano a festeggiare né il Natale Santo né quello marketizzato.

Gli indicatori di fondo sono le disuguaglianze che continuano a crescere, il precariato che alimenta i bassi salari per cui l’Italia si colloca in fondo alla classifica europea, che spinge i giovani italiani a emigrare alla ricerca di salari e condizioni di lavoro più decenti, sostituiti (nonostante i blocchi navali) da un numero crescente di immigrati richiesti da un modello di sviluppo (anzi di sottosviluppo) che li vuole irregolari, cioè ricattabili per sfruttarli meglio; e poi la sussidiarietà che privatizza e scarica sul Terzo Settore, l’autonomia “differenziata”, la sanità “convenzionata”, la scuola “paritaria”, la (scarsa) laicità…

Quindi festeggiamo pure, materialisticamente, Natale e Capodanno, fino all’Epifania che tutte le feste porta via, ma tra un calice di prosecco e una fetta di panettone riflettiamo un po’ su quello che ci accade intorno, perché l’Epifania questi problemi non se li porterà via, purtroppo.