Alessandro d’Avenia, sul Corriere della Sera del 23 dicembre 2019, cita Fedor Dostoevskij per indicarci il suo senso del Natale. In sintesi ci dice che:
1) «Chi non si sente amato fatica ad amare sé e gli altri» [su questo siamo d’accordo].
2) «Chi non è libero non può amare» [giusto, se però si intende che bisogna amare e lottare insieme per essere liberi e uguali].
3) «La fragilità è la veste umana con cui Dio si fa vivo dentro e fuori di noi. Non saremmo liberi se non fosse così» [dovremmo rassegnarci e restare fragili? per essere “liberi” di incontrare Dio?].
4) «Credere in Dio e nel suo manifestarsi consente di sostituire il presente con l’eternità» [cioè con una fantasticheria consolatoria].
5) «Se l’uomo smette di credere in qualcosa di trascendente dentro e fuori di sé, diventa insicuro e comincia a disprezzare sé e/o gli altri» [cioè senza una fantasticheria consolatoria cadremmo in una arida depressione].
È noto che a natale aumentano i suicidi e l’uso di antidepressivi e droghe, e serve compassione proprio perché felicità e infelicità sono contagiose, perché non siamo individui isolati ma esseri sociali.
Per questo auguriamo buone feste a tutti, anche a chi crede in Babbo Natale, nell’abuso di Sostanze o nello Shopping.
Però, rispettosamente, facciamo notare che l’umanità può farcela avendo fiducia nelle proprie forze, senza dover ricorrere a un dio, a un duce, a un patriarca.