Le recenti polemiche sui tortellini sono comiche ma hanno anche un lato tragico. Cristiani ed ebrei, carnivori e vegetariani, palestrati e obesi, materialisti e metafisici, classici e nouvelle cuisine, ognuno si è sempre fatto i tortellini suoi ed è riuscito a mettere insieme il pranzo con la cena senza problemi (salvo quelli seri del precariato e della disoccupazione). Ma il bolognese cardinale Zuppi vuole il monopolio dell’etica, anche culinaria, favorendo così la reazione sovranista del Salvini-maiale-pensiero, scontata essendo prossime le elezioni regionali.
Potrebbe sembrare una battaglia goliardica, con il dio turtlèin al posto dello spaghetto dei pastafariani, ma anche Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera del 3 ottobre si chiede dove stia andando la chiesa cattolica, dubitando della linea cosmopolitica del Vaticano, che ha il vantaggio di usare “una risorsa – il Sacro – di cui l’umanesimo buonista non può disporre”, ma non è detto che riesca a vincere la sfida della globalizzazione.
Magatti e Giaccardi (La scommessa cattolica) sono invece entusiasti del cosmopolitismo di Bergoglio: “Nell’epoca della «sovranità limitata», pensare la sfera pubblica secondo la dicotomia pubblico (stato)/privato (religione) non basta più […] Tenuto conto della loro capacità di influenza e del peso delle loro decisioni ha senso, ad esempio, considerare le multinazionali come soggetti puramente privati? E lo stesso interrogativo non vale, a maggior ragione, per le grandi Chiese che raccolgono centinaia di milioni di fedeli?”
Dunque lo Stato nazionale – figlio della rivoluzione francese, con i suoi cittadini sovrani, titolari di diritti – starebbe scomparendo grazie alla globalizzazione. La religione recupererebbe così il suo potere (una influenza come e più delle multinazionali), rivendicando in forme nuove la supremazia del potere spirituale su quello temporale, una riedizione della (mai cessata) lotta per le investiture.
All’estremo opposto troviamo i sovranisti – da Trump a Salvini – che riducono le diversità culturali a religioni, che ripropongono identità asfittiche e bellicose, rosari e crocefissi, che vogliono la loro parrocchia, la loro chiesa, allineata al loro “principe”: una riedizione del cuius regio, eius religio, ma per dividere, non per pacificare.
La crisi del 2008 ha mostrato i limiti della globalizzazione liberista e ha generato una altrettanto inaccettabile reazione sovranista. Questa contrapposizione attraversa tutto il mondo, anche la chiesa cattolica, ma non è un motivo sufficiente per aderire a una di queste due visioni del mondo. Noi restiamo fedeli al cantiere aperto dell’Illuminismo, alla lotta democratica per l’uguaglianza, per i diritti, per istituzioni politiche capaci di governare il progresso civile e sociale.
E che laicamente, in questo ambito, ognuno si faccia i tortellini suoi.