Il termine laicità può essere definito in termini generali ricorrendo all’espressione di Grozio etsi deus non daretur (come se dio non fosse dato). È un principio che contrasta l’uso di dogmi religiosi (e non solo) nella sfera pubblica, ma – scrive John Dewey in Esperienza e Natura – «I valori non vanno adorati con una sorta di fede etica o estetica, ma considerati attentamente nella loro origine e nelle loro conseguenze»; anche il valore, il principio della laicità non può essere sottratto «all’indagine razionale e critica», ma esaminato nel suo sviluppo, per esempio in relazione ai cambiamenti generazionali.

Gli atei e agnostici oggi anziani, che si sono formati negli anni ‘50 e ‘60, spesso lo sono diventati per reazione all’oppressione clericale, non solo per una tranquilla maturazione di convinzioni filosofiche. La ricerca di Franco Garelli Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio (recensita su NonCredo n. 68 di novembre-dicembre 2020) aiuta a capire questi cambiamenti anche generazionali.

La religiosità resiste soprattutto tra gli anziani (in particolare tra le anziane e i meno scolarizzati), si riduce tra gli adulti, crolla tra i giovani (sia maschi che femmine): «Proprio tra i giovani troviamo – rispetto alle altre età della vita – la quota più alta di persone (tra il 35 e il 40%) che si dichiarano “senza Dio”, “senza preghiera”, senza una pratica cultuale, senza una vita spirituale». Inoltre, anche chi continua a dichiararsi cattolico di fatto adotta una religione a bassa intensità.

NUOVE FORME RELIGIOSE

La religione è il combinato disposto di diverse dimensioni: quella della devozione, della dottrina, dell’organizzazione, della politica, della fede, dell’etica, della comunicazione. In alcune di queste dimensioni la chiesa arretra nettamente (partecipazione ai riti, fede, etica), in altre è in crisi ma resta rigida (dottrina, organizzazione), in altre ancora non solo resiste ma riesce anche a espandersi (politica, comunicazione).

Dunque non assistiamo a una tendenza lineare alla secolarizzazione né a una lineare “rivincita di dio”, ma a una scomposizione delle diverse dimensioni (ambiti, aspetti, campi) della religione, che in passato stavano insieme in modo certamente articolato ma abbastanza organico, totalizzante (e totalitario); oggi invece ogni dimensione segue una traiettoria autonoma, contraddittoria o comunque indipendente dalle altre.

In passato molti giovani e ragazze di allora hanno subìto la presenza “totalitaria” della chiesa, che spesso si esprimeva nella scuola con insegnanti cattolici che pretendevano l’adesione ai loro valori, nel territorio con preti che stigmatizzavano dal pulpito i comportamenti “immorali” anche additando i peccatori, negli ospedali dove si “celebrava il rito del dolore”, negli asili, negli oratori, ecc. Molti hanno reagito a quel conformismo reazionario che è stato profondamente contestato dai movimenti antiautoritario, sindacale, femminista, omosessuale, lgbt, a partire da fine anni ‘60.

UN NUOVO ANTICLERICALISMO

Il successivo “riflusso” ha frammentato questi movimenti e le disuguaglianze sono tornate a crescere, alimentando anche la revanche di qualche aspetto delle religioni, ma ormai tra i giovani d’oggi si può notare una diffusa e crescente estraneità alle credenze religiose. Gli anziani hanno dovuto contrapporre una visione organica anticlericale all’invadenza pervasiva e asfissiante dell’ideologia religiosa; i giovani ne hanno meno bisogno, perché su alcune “dimensioni” la chiesa è ormai ininfluente, e si mobilitano soprattutto sulle dimensioni dell’etica (sessuale, del fine vita) che ancora sentono condizionare la loro esistenza, e si disinteressano del resto.

L’ampia adesione soprattutto giovanile alla raccolta di firme per il referendum sull’eutanasia legale e alle manifestazioni contro lo stop al DDL Zan mostrano quale sia il terreno oggi prevalente per una militanza laica e un moderno anticlericalismo.

Oggi il dogmatismo religioso si esprime meno in forma esplicita (“Dio lo vuole”). Assume spesso una forma equivalente ma meno diretta (“la Natura lo vuole“), non la natura intesa come l’ambiente storicamente determinato di cui facciamo parte, ma la “Natura” intesa come Essenza, Assoluto metafisico. Su questa concezione tipica dell’ideologia cattolica, non solo di destra, convergono anche alcuni settori del femminismo della differenza e qualche scheggia di sinistra “rosso-bruna”.

ETSI SEXUS NON DARETUR

Però noi siamo le nostre relazioni, la nostra identità non è fissa, stabilita una volta per tutte; l’identità non è una Essenza, ma muta in base alle esperienze e nel corso del tempo. La grande maggioranza dei giovani coglie che considerare i ruoli e i comportamenti sociali come determinati dalla “Natura” implica riconoscere che ci sarebbero comportamenti “contro-natura”, e che i “disordinati” che pretendono di liberarsi dalle “Leggi della Natura” dovrebbero essere “rieducati”.

Queste “Leggi”, in realtà, sono stereotipi culturali, consolidati da oppressioni millenarie, difficili ma non impossibili da modificare. La moderna antropologia ha mostrato come anche le rappresentazioni della presunta rigida divisione del lavoro tra cacciatore e raccoglitrice dei primordi dell’umanità siano state influenzate dagli attuali pregiudizi; in ogni caso oggi abbiamo possibilità tecniche e culturali che ci consentirebbero di non dover subire “specializzazioni” basate sull’essere nati con una vagina o un pene.

Oggi la lotta per rifiutare l’etero-determinazione – comunque intesa (deus sive natura) – caratterizza i movimenti, soprattutto giovanili, che rivendicano il loro diritto alla libertà di genere, di auto-determinarsi come se il sesso biologico non fosse dato (etsi sexus non daretur), liberi e libere di assumere l’orientamento sessuale e l’appartenenza di genere desiderati, difformi o conformi a quelli tradizionali. Le diversità sono una ricchezza quando sono scelte, non quando sono imposte.

Giancarlo Straini

[pubblicato sulla rivista NonCredo n. 75]