Il 10 dicembre del 1948 è stata approvata dall’ONU la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (DUDU). È stato un atto di grande significato, che ha ispirato le Costituzioni e le leggi di molti Stati e – sebbene spesso non rispettata – resta tuttora un fondamento della nostra civiltà. Però il Vaticano non l’ha sottoscritta.

La DUDU si ispira alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (del 26 agosto 1789) contro cui la chiesa cattolica ha espresso una condanna totale perché i costituenti francesi li proclamavano «escludendo Dio, negando i Dieci Comandamenti e fingendo che l’uomo fosse una creazione di se stesso e potesse, con la sua sola autorità, stabilire qualsiasi regola morale o giuridica. Ciò era inaccettabile per molti cristiani dell’epoca e lo è ancora oggi» (P. Nemo, La bella morte dell’ateismo moderno, Rubettino 2014, p. 111).

Il dogma religioso non è cambiato ma – risultando inefficace la contrapposizione frontale – il Vaticano ha assunto una tattica più flessibile (sarebbe meglio dire più furbesca). Oggi la chiesa si dichiara a favore dei diritti umani ma li “reinterpreta” come nella Dignitatis Humanae (1,3): «l’essere umano si dirige immediatamente verso Dio: i quali atti da un’autorità meramente umana non possono essere né comandati, né proibiti. Però la stessa natura sociale dell’essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa, professi la propria religione in modo comunitario».

Dunque «fonte e sintesi dei diritti umani è il diritto alla vita e il diritto alla libertà religiosa», e nella comunicazione la chiesa li dichiara “naturali” per riaffermare più o meno implicitamente che derivano da dio, e non “artificialmente” dall’autodeterminazione dell’umanità.
Insomma, il riferimento è alla dignità umana ma “intesa integralmente“, cioè come l’intende la dottrina della chiesa, perché gli uomini sono «tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità una volta conosciuta e ad ordinare tutta la loro vita secondo le sue esigenze» (Dignitatis Humanae, 1,2).

D’altra parte se lo Stato della Città del Vaticano sottoscrivesse la DUDU senza queste “riserve” dovrebbe accettare nel suo ordinamento la libertà di religione, la parità delle donne, il divorzio, e tante altre cose non proprio compatibili con una monarchia medievale, teocratica e maschilista.

Il Vaticano non ha chiesto l’adesione all’ONU come entità statale per non dover sottoscrivere principi contrari alla sua dottrina antimoderna. Vi partecipa, diversamente dalle altre religioni e orientamenti filosofici, in quanto possiede un territorio, ma ha scelto di essere presente come “Santa Sede”, con lo status di Osservatore Permanente, che gli consente di partecipare alle attività dell’ONU esercitando la sua influenza (come ha fatto su aborto, contraccezione, ecc.), ma senza assumersene gli obblighi.
Furbescamente, ancora una volta.