Il racconto dell’ancella ci offre l’occasione per riflettere.
Margaret Atwood, l’autrice del libro da cui è tratta la serie televisiva, ci dice che ogni cosa che viene raccontata è stata in qualche modo tratta da qualcosa che è successa davvero: da fatti di cronaca, dalla rivoluzione iraniana del 1978, e dalla Bibbia.
Potremmo aggiungere: sono anche storie che possono accadere davvero perché se ne vedono alcune premesse, economiche, politiche e culturali, che ci proponiamo di esaminare in questo incontro alla Casa della Cultura.
Per chi non conosce già Handmaid’s Tale: la distopia narra degli Stati Uniti in un futuro prossimo in cui il potere è stato conquistato da un regime teocratico fondamentalista.
Nell’Antico Testamento c’è un episodio in cui Rachele, sterile, chiede a Giacobbe di avere rapporti sessuali con la sua serva davanti a lei, e di metterla incinta in modo da poter avere un figlio attraverso di lei.
Nel racconto la riproduzione diventa la funzione delle donne fertili, le ancelle, assegnate alle coppie sterili dell’élite al potere; élite che ha tolto a tutte le donne il lavoro, l’autonomia economica, il diritto all’istruzione, le libertà sessuali e ogni autonomia.
Il racconto dell’ancella ci offre l’occasione di porci delle domande.
Innanzi tutto: è un futuro possibile? Può accadere anche da noi? C’è un rischio imminente?
Di episodi preoccupanti, recentemente, se ne sono visti parecchi:
– Salvini che a Pontida giura sulla Bibbia, con il rosario in mano, non esprime certo misticismo, ma usa la tradizione, la funzione di controllo della religione quale strumento di legittimazione del potere: per identificare i “noi” contro gli “altri”; perché got mit uns, dio è con noi; perché in god we trust, come è scritto sul dollaro; perché dio lo vuole.
– Questo discorso si replica, si moltiplica e pervade i territori. Il primo atto del neosindaco leghista di Cinisello è stato rivolgersi alle parrocchie, per cementare un blocco sociale neoclericale: tu mi sostieni, io ti finanzio le parrocchie, gli oratori, la scuola confessionale, la sanità privatizzata, l’assistenza scaricata sulla famiglia, composta da un papà e una mamma (nell’ordine), da una mamma che non deve abortire, che non deve avere un divorzio troppo facile, ecc. ecc.
– E queste idee vengono rilanciate, con proiezioni di video sull’aborto nelle scuole, con espressioni che possono anche essere accolte con ironia, come quella sul riscaldamento globale opera del diavolo, ma che danno una “coerenza”, forniscono una visione del mondo anti-illuminista: al posto della fraternité, cioè dell’egualitaria solidarietà, si rimette la gerarchica carità, anche con un po’ di compassione ma ognuno al suo posto – a raccogliere i pomodori in silenzio a 2 euro l’ora, a fare il papà oppure la mamma – cioè a vivere in un “ordine nuovo”, neoclericale, anti-illuminista.
– La legge finanziaria per il 2019 (Comma 287) assegna al Ministero degli esteri un fondo per “interventi di sostegno diretti alle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane oggetto di persecuzioni”.
– Intanto in Ucraina viene riesumato un documento del 1686 che sostiene l’indipendenza del Patriarcato ortodosso di Kiev dal Patriarcato ortodosso di Mosca; si benedicono o meno i morti a seconda di chi li ha uccisi; perché lo scontro politico tra nazionalisti ucraini e filo-russi sta assumendo caratteri religiosi.
– Poi ci sono gli Stati Uniti di Trump, il Brasile di Bolsonaro, l’India di Modi, ecc.
Sono episodi (se ne potrebbero aggiungere tantissimi altri) che mostrano una crisi della laicità.
Il significato stesso del termine è stato deformato e oscurato: in passato significava che le religioni non dovevano entrare nella sfera politica; il concetto di laicità era riassunto nella frase di Grozio: Etsi deus non daretur, per affermare che il diritto è valido di per sé, che Dio esista o meno, che si preghi con il rito di Kiev o con quello di Mosca.
Alcuni episodi (presi uno alla volta) sono poco preoccupanti, talvolta anche ridicoli, ma se ripetuti e generalizzati possono diventare schemi mentali consolidati, abiti di comportamenti; possono trasformarsi in un paradigma.
Ma, dicono alcuni: tranquilli, c’è papa Francesco. Oggi la chiesa è diversa. Ma è davvero così?
In questi tempi caratterizzati dal populismo, inteso come sfiducia nelle élite, non dovremmo certo stupirci di un papa che si presenta come anti-elitario, che va da solo nel negozio di ottica, che usa la parola “cacca”, che critica le élite delle banche (oddio! dimenticando di essere il proprietario di un paradiso, fiscale, in cui si entra non dopo il giudizio di dio ma per evitare quello della Guardia di Finanza).
La chiesa ha sempre avuto una grande capacità di cogliere lo spirito del tempo, lo Zeitgeist (oggi quello populista), ma oltre la comunicazione non sembra esserci nulla di nuovo; forse è riduttivo dire che Bergoglio è solo “chiacchiere e distintivo”, “sotto la tonaca niente”, ma se Bergoglio era portatore di un progetto innovativo, questo è fallito (come ci dirà Marco Marzano).
D’altra parte, in epoca di populismi, i leader diventano rapidamente carismatici e altrettanto rapidamente deludono (come è capitato a Renzi, come sta capitando a Bergoglio, come probabilmente capiterà anche a Salvini), ma i danni prodotti restano.
È accertato che, soprattutto tra i giovani, è in calo la fede e la partecipazione ai riti religiosi, ma contemporaneamente aumenta la presenza delle religioni nella sfera politica.
– Da destra alcuni accusano il papa di peronismo, terzomondismo, pauperismo, di sostenere il multiculturalismo e l’immigrazione incontrollata; e ripropongono una religione tradizionale, confessionale, neoclericale (vedi la Lega di Salvini, ma non solo).
– Da sinistra alcuni vedono Bergoglio addirittura come il loro leader (il che la dice lunga sulla crisi della sinistra), con gli atei devoti (Eugenio Scalfari e tanti altri) che ripropongono la religione come collante, come strumento di controllo sociale.
Il risultato è che da destra e da sinistra si legittima la presenza della religione nella sfera politica, minando la già traballante laicità dello Stato italiano. La destra nazionalpopulista (vincente) richiamando identità politiche reazionarie, la sinistra elitista (perdente) sperando di poterne usare alcuni aspetti contro la destra ma, di fatto, legittimando tutto il discorso della chiesa.
Perché, se non ci fermiamo ai titoli e leggiamo l’enciclica Laudato si’, possiamo scoprire senza fatica che non c’è nulla di nuovo nella dottrina: in premessa è ribadito chiaramente che noi non siamo proprietari del nostro corpo, della nostra sessualità, della nostra vita, della natura, perché sono doni di dio (che poi amministra la chiesa).
Si potrebbe dire: tranquilli, sono episodi isolati, magari spiacevoli ma restano marginali, ce ne vuole prima che diventino episodi socialmente rilevanti.
Ricordiamo solo che negli anni ‘70 in medio oriente si è passati rapidamente dalla minigonna al velo, dopo la crisi del nasserismo e la rivoluzione islamica che ha abbattuto lo Scià e ha eliminato anche l’opposizione democratica laica.
Anche in Polonia i nazionalisti e fondamentalisti cristiani hanno rapidamente eliminato gli oppositori democratici laici in Solidarnosc.
Ci sono periodi in cui la storia sembra procedere con lentezza. Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, Francis Fukuyama sosteneva che fossimo giunti alla fine della storia (ora anche lui sembra averci ripensato).
Oggi invece sono molti – storici, economisti, anche filosofi (come il neorettore della Statale Elio Franzini e Roberto Mordacci, intervenuti proprio in questa sala nel settembre scorso), – sono in molti che sostengono che è in corso un paradigm shift, un cambio di paradigma, dal 2007/2008, a seguito della crisi della seconda globalizzazione, una crisi che è finanziaria, economica, politica, culturale.
Nei periodi di crisi – si vedano gli anni 1910: un periodo per alcuni aspetti simile all’attuale – i cambiamenti avvengono rapidamente e sorprendentemente. Negli anni ‘10 del secolo scorso alcuni vedevano le crescenti contraddizioni della prima globalizzazione (cioè il periodo tra fine ‘800 e inizio ‘900) ma nessuno poteva prevedere che le contraddizioni sarebbero rapidamente precipitate nella prima guerra mondiale, nella rivoluzione russa, nei fascismi.
Sono periodi in cui i processi sfuggono di mano ai protagonisti, come è successo con la prima guerra mondiale; come sembra stia succedendo oggi (in modo meno sanguinoso) con Brexit.
Siamo laici? Mica tanto. Il pensiero postmodernista, nato critico, ha finito per svalutare la razionalità e la scienza. Habermas ha rilegittimato la presenza della religione nella sfera pubblica, come strumento di controllo, anche se è in calo la fede e la partecipazione ai riti.
Noi ipotizziamo che il ritorno della religione nella sfera politica sia dovuto a tre ragioni:
– Una reazione al nichilismo postmodernista (che ha accompagnato la seconda globalizzazione); che è criticato anche da Ratzinger, ma per ragioni opposte alle nostre.
– Che il ritorno della religione sia favorito dalla crisi delle ideologie politiche concorrenti (socialiste e liberali di vario orientamento) e dei loro partiti; ideologie che talvolta assumevano anche un carattere “salvifico”, diventando concorrenti diretti anche sul terreno della “fede”.
– In generale, l’aumento delle disuguaglianze e delle paure fornisce l’ambiente in cui prosperano le religioni come strumento di controllo e di consolazione; per Gilles Kepel, La rivincita di dio, la rinascita religiosa accompagna l’aumento delle disuguaglianze prodotto dal neoliberismo, diventato egemone dagli anni ‘80.
Possiamo quindi concludere che i diritti politici, civili e sociali sono legati tra loro; anche se in alcuni periodi l’attenzione può concentrarsi su un aspetto piuttosto che su un altro.
Dopo la seconda guerra mondiale, con la riconquista dei diritti politici, si è aperto un periodo – senza precedenti nella storia dell’umanità (i “magnifici trent’anni”) – di affermazione dei diritti sociali e di riduzione delle disuguaglianze (nei paesi industrialmente avanzati), e di diffusione dei movimenti di liberazione nel terzo mondo. Un periodo basato sulla razionalità e sulla scienza; un periodo in cui non c’erano dubbi che la generazione successiva sarebbe stata meglio di quella precedente.
Ciò ha posto le basi per la generalizzazione dei diritti civili nei decenni successivi, dagli anni ‘70, grazie al femminismo e agli altri movimenti.
Con il neoliberismo e con la “seconda globalizzazione”, la pervasività dei diritti individuali è però stata minata dal progressivo aumento delle disuguaglianze economiche e sociali, e dall’aumento delle contraddizioni che sono poi esplose con la crisi economica del 2008.
Da allora probabilmente è iniziata una nuova fase storica – un cambiamento di paradigma dall’esito ancora incerto – che dobbiamo esaminare nei suoi vari aspetti economici, politici e culturali, perché potrebbe precipitare, anche rapidamente.
Il rilancio dell’uso politico e identitario delle religioni, nonostante il calo dell’esercizio della fede, le sta riportando nella sfera pubblica, minando la laicità dello stato e la cultura dei diritti, di tutti i diritti: civili, politici e sociali.
Il racconto dell’ancella appartiene, come 1984 di George Orwell, a quei racconti distopici che mostrano efficacemente i rischi concreti che stiamo correndo.
In conclusione. Tra i postmodernisti che dicono che non abbiamo un senso, e le religioni che vogliono imporci il loro senso, noi laici e razionalisti un senso ce lo vogliamo scegliere autonomamente (come ci dirà Cinzia Sciuto).