Ho visto gli universi paralleli.
Ho replicato fino all’infinito
la mia immagine con due soli specchi.
Regni diversi, mondi inaccessibili
che ho intrecciato con semplici versi
alla sommessa sinfonia del cosmo.
Oltre l’infinito
Che cosa c’è dove finisce il Tutto?
E cerchiamo una strategia mentale
per guardare al di là dell’infinito
e superare il limite
che un tempo credevamo invalicabile.
Che cos’è la realtà?
Questo mondo in cui vivo,
questo luogo ove scrivo
è virtuale o reale?
Tutto quello che vedo,
tutto quello in cui credo
è etereo o materiale?
Non ho mai visto un quark ma credo che
non sia possibile prenderlo a calci
e pure il fullerene non si presta.
Ma allora dove comincia a cambiare,
diciamo, la natura delle cose?
Bellezza dell’Universo
Spirali di galassie, nebulose
nello spazio infinito punteggiato
da miliardi di sfere luminose,
la vita sulla Terra, un volto amato,
la forma delle foglie, le mimose,
il soffio verde di un bosco incantato,
le virate in canoa vertiginose,
tutto quanto mi ha sempre affascinato,
gli occhi dei cani, la voce del vento,
la superficie del mare increspata,
presenza eterea che avverto e non sento,
che voi chiamate dio, io mi accontento
di assaporarla nella sconfinata
gioia di appartenere al Grande Evento.
La critica della ragione cosmica
Perché esiste qualcosa anziché il nulla?
C’era una chiara trama dietro al mondo,
una struttura immateriale e diafana
che reggeva la tela. Poi un giorno
cent’anni fa, di giugno, un tale Alberto
pensò la nuova struttura spaziale
fuori dal tempo, autosimilare,
che eliminava gli assoluti. Nacque
nella sua mente un modello diverso,
l’idea dell’Universo come un Tutto,
la piega dove il tempo si deforma.
La critica della ragione cosmica.
Albert Einstein giugno 1905
Penso alla luce.
Come si propaga
in questo spazio immenso che circonda
uomini e cose? La mia mente indaga
alla doppia natura sua di onda
e flusso di corpuscoli che vaga
per l’Universo. Credo che nasconda
la chiave di ogni umana conoscenza
e le premesse di una nuova scienza.
Se l’Universo è un continuo spaziale
in cui s’incarnano la geometria
e la metrica, sembra naturale
sostituire l’antica teoria
con un assetto spaziotemporale
sviluppando l’ipotesi che sia
anche per considerazioni estetiche
determinato dalle sue geodetiche.
Se c’è un conflitto fra due leggi aperto
dovrai sicuramente rinunciare
all’uno o all’altro. Ma quando hai scoperto
i perché più profondi già ti appare
l’ipotesi che spiega in modo certo
il tutto, e chiaro, e quasi lineare,
in veste matematica perfetta,
che chiamo relatività ristretta.
Sbalorditiva, semplice e compatta
come un antico vaso di ceramica,
la teoria suggerisce in forma astratta
una nuova visione panoramica
da un’esperienza ch’era stata fatta
nell’ottica e nell’elettrodinamica
da Lorentz e dalla rivoluzione
che nacque dalla sua trasformazione.
Nella fisica quella asimmetria
facea velo all’essenziale bellezza
dell’universo intero, all’armonia
prestabilita, all’estrema purezza
della natura. La nuova teoria
era già scritta in tutta chiarezza,
affidata a un tensore riemanniano
come a un violino, a un flauto, a un fortepiano.