Il mondo della noncredenza è estremamente articolato e popolato da riviste e associazioni che ne occupano regioni specifiche: alcune più generaliste, altre più specializzate su alcune tematiche, con una cultura politica sottostante più o meno definita.

In genere il riferimento è all’Illuminismo, all’autodeterminazione, all’uso coraggioso della ragione (sapere aude!) per uscire dallo stato di minorità di chi si lascia guidare da un altro, per un mondo di liberi e uguali. L’Illuminismo è un progetto teorico e politico (nato in Europa ma a carattere universale), un cantiere aperto, che prosegue tuttora su due principali filoni, quello delle culture politiche liberali (che hanno messo al centro la libertà dell’individuo) e delle culture politiche socialiste (che si propongono di rimuovere le cause che ostacolano l’effettiva libertà e uguaglianza).

Il razionalismo scientifico è alla base di questo progetto, con il rigetto delle “Verità” dogmatiche (delle religioni rivelate e non solo) e la fiducia nelle verità – sempre parziali e provvisorie – che la comunità scientifica fornisce ai cittadini per fare scelte etiche e politiche consapevoli.

Da ciò deriva (quasi necessariamente) un atteggiamento agnosticista (basato sull’indimostrabilità logica dell’esistenza o meno di una divinità) che può tradursi nell’ateismo (basato sulla spiegazione storica, sociologica e antropologica dell’origine e delle funzioni delle religioni).

IL CANTIERE APERTO DELL’ILLUMINISMO

La modernità si è espressa con un percorso tuttora incompiuto (un cantiere aperto, appunto) che ha eliminato i particolarismi medievali (corporazioni e piccole patrie) giustificati da principi metafisici (dio, alla base della chiesa e del sacro romano impero) fondando lo Stato-nazione, espressione laica dei cittadini e garante dei loro diritti. Un percorso tortuoso, inizialmente basato su regimi censitari (dei possidenti maschi bianchi); che ha attraversato nazionalismi, colonialismi, fascismi, totalitarismi; che ha comunque visto un allargamento della rappresentanza e della partecipazione alle scelte politiche, con le democrazie costituzionali del secondo dopoguerra, con l’affermazione dello stato sociale, con l’allargamento dei diritti civili, politici e sociali; ma sempre con la possibilità di involuzioni (democratura).

La chiesa cattolica ha reagito alla modernità, inizialmente con una contrapposizione frontale (non expedit) poi con il principio di sussidiarietà, con cui cerca di occupare la sfera politica mantenendo un giudizio negativo sullo Stato-nazione (considerato “artificiale”) che dovrebbe ritirarsi ma comunque “sussidiare” le famiglie e le comunità “naturali”. È su questo terreno che si esprime oggi la lotta per l’effettività dei diritti e per la laicità dello Stato, messa in crisi dalla diffusione del principio di sussidiarietà (dalla sanità “convenzionata”, dalla scuola “paritaria”, ecc.).

La secolarizzazione e la noncredenza procedono ma in modo contraddittorio. Le ricerche sociologiche ci mostrano un aumento dei noncredenti e una riduzione della partecipazione ai riti e dell’adesione totalizzante ai precetti, anche della maggioranza di chi ancora si dichiara cattolico (religione a bassa intensità, appartenenza senza credenza), soprattutto tra i giovani. Ciononostante la presenza delle religioni nella sfera pubblica resta elevata, talvolta crescente, come effetto dei fondamentalismi, di approcci multiculturalisti, di un conformismo del “politicamente corretto”.

IL PENSIERO DEBOLE E POSTMODERNO

Il pensiero critico talvolta ha messo in discussione non solo le narrazioni religiose (Ratzinger indica nell’antiautoritarismo del ’68 la radice dei mali attuali) ma anche i valori civili: il pensiero debole e postmoderno (diventato egemone dagli anni ’80) critica tutto (anche la razionalità del suo scetticismo) e finisce per accettare tutto, sia pure con un’adesione debole, occasionale, intermittente. Le religioni rioccupano lo spazio escatologico e politico non più coperto dalla componente di speranza e di fiducia nel futuro presente nelle ideologie politiche, in particolare di quelle socialiste, oggi in profonda crisi. Gli atei devoti dell’élite dominante riscoprono la funzione di collante e di controllo sociale esercitata tradizionalmente dalle religioni, per attenuare le contraddizioni più aspre generate dall’egemonia neoliberista e dal conseguente estremo aumento delle disuguaglianze: si assiste a una convergenza tra liberismo compassionevole, dottrina sociale cattolica e federalismo leghista, che tende a sostituire, con la gerarchica e strumentale carità, l’egualitaria solidarietà (fraternité) e i diritti garantiti (lottando) dallo Stato-nazione.

In realtà – se non si adotta una visione basata sull’individualismo metodologico (un individuo astratto, economicista e atomizzato) ma su individui sociali (l’individuo definito dall’insieme delle sue relazioni, non solo da alcune, né tantomeno da essenze, da “nature” metafisiche) – non basta una critica solo intellettuale alle credenze dogmatiche e alle violazioni della laicità dello Stato: serve una lotta culturale, una militanza laica, un moderno anticlericalismo.

UNA VISIONE DEL MONDO NON SETTARIA

Alcuni temono di riprodurre gli schemi del dogmatismo religioso, del proselitismo settario, della lotta intollerante; effettivamente c’è sempre il rischio di sostenere le proprie idee con lo stesso metodo delle religioni (come colare materiali diversi nello stesso stampo), ma viceversa si corre il rischio di adottare un generico umanismo “buonista”, che predica un’etica laica, ma non individua oppressi e oppressori, che indica principi ma non percorsi politici e soggetti per attuarli. Non spetta certo alle riviste e alle associazioni del variegato mondo della noncredenza sostituirsi ai partiti – esprimendo una organica visione del mondo, articolata in progetti, programmi, strutture organizzative per attuarli, ecc. – però questo mondo può e deve contribuire (sia pure con approcci parzialmente diversi) alla battaglia culturale antidogmatica e laica.

La critica all’identitarismo dogmatico, all’essenzialismo, al giusnaturalismo non dovrebbe farci sottovalutare la necessità che hanno anche i noncredenti di avere un effettivo – non solo formale – riconoscimento sociale. L’allungarsi della sigla lgbt+ può anche significare che c’è una somma di micro-identitarismi corporativi, che si sostituiscono all’universalismo dei diritti, ma l’esperienza storica dei movimenti (afroamericano, femminista, gay, ecc.) mostra che per superare una condizione di oppressione (di discriminazione sociale, di stigma) serve anche una “temporanea” affermazione orgogliosa della propria identità, per superare nelle pratiche stereotipi culturali millenari. Negli USA, per esempio, c’è una separazione formale tra Stato e chiese ma una carenza sostanziale di laicità; chi si dichiara apertamente ateo è ancora stigmatizzato, ostacolato in politica (da un sondaggio risulta che un presidente ateo sarebbe meno gradito anche di un presidente musulmano o gay), è caduto il divieto di ammissione ai Boy Scout d’America per gli lgbt+, ma non per gli atei.

LA MILITANZA DEI NONCREDENTI

I noncredenti sono in crescita ma permangono nel senso comune pregiudizi di nichilismo, cinismo, aridità e insensibilità morale, che non possono essere socialmente superati – per fare solo un esempio – prendendo le distanze dai New Atheist per timore di apparire specularmente settari, proponendo una elitaria e individualistica atarassia. Per superare le discriminazioni sociali servono idee e pratiche, quindi anche identità, organizzazione, militanza, orgoglio di appartenenza; ovviamente senza diventare una corporazione, un sindacato o una sorta di automobilclub. L’ateismo – e più in generale la noncredenza – sono necessari soprattutto come strumento di liberazione, con un approccio universalistico e intersezionale, non come l’ennesimo movimento monotematico (single issue).

La militanza dei noncredenti, oggi, si esprime in diverse forme (tramite le culture politiche liberali-radicali e marxiste antiautoritarie), soprattutto intervenendo sui temi della laicità e dei diritti umani (politici, civili e sociali), bioetici (referendum per l’eutanasia legale, ecc.), libertà sessuali (DDL Zan, ecc.), interculturali e intersezionali, contro razzismi e xenofobie; demistificando le giustificazioni (anche quelle “politicamente corrette”) basate su un dio-provvidenza o su un dio-natura (essenzialismo).

Su questi terreni può esprimersi concretamente la lotta politica e culturale contro l’oscurantismo delle religioni (anche quando assume la forma accattivante della comunicazione di Bergoglio) e contro l’oscurantismo politico (che ripropone divinità, piccole patrie, famiglie normalizzate).

UNA RETE DEI NONCREDENTI

La chiesa cattolica predica l’idealismo ma agisce materialisticamente. Diversamente da alcuni noncredenti – che si definiscono materialisti ma che di fatto si chiudono in un iperuranio – la chiesa dispone di uno straordinario apparato con cui agisce pervasivamente sui corpi e sulle menti dell’intera società. Basta scorrere i media per scoprire la capillarità di questo apparato: il meeting di CL (per orientare i politici), la fondazione per la sussidiarietà (per orientare il terzo settore), le cappellanie (l’Italia è uno dei pochi paesi che ha portato un cappellano sportivo alle Olimpiadi di Tokyo), gli imprenditori cattolici, i sindacalisti cattolici, i vari ordini con le loro “specializzazioni”, ecc. ecc. che dispongono di enormi mezzi (università, media, patrimonio edilizio, ecc. ecc.) con cui organizzano convegni, seminari, rappresentazioni, ecc. ecc.

La presenza sociale organizzata del mondo della noncredenza, invece, è quantitativamente modesta e occasionale. Non è possibile, né auspicabile, realizzare un apparato equivalente a quello della chiesa cattolica, ma un po’ di presenza sistematica sarebbe utile.

Chi scrive aderisce ad ArciAtea e considera prezioso il contributo di una rivista come NonCredo, ritiene soprattutto che il mondo della noncredenza debba agire con logica di rete, senza primazie, ognuno con le proprie particolarità, con le proprie culture politiche, con i temi specifici, dalla spiritualità materialista alla satira anticlericale di Svitatei.

Serve però un intento comune per mobilitare la società civile, per costruire una galassia di pubblicazioni, associazioni, iniziative, ricerche, convegni che articolino la visione del mondo della noncredenza, non certo per imporla dogmaticamente ma per fornire a tutti punti di vista qualificati (teorici, politici, normativi, scientifici, artistici, ecc.) per orientare la politica verso una effettiva laicità dello Stato, per consentire l’autodeterminazione liberandoci da chi vuole imporci le sue credenze.

Giancarlo Straini

[pubblicato sulla rivista NonCredo n. 75]