ArciAtea APS, in quanto associazione apartitica ma non apolitica, non dà indicazioni di voto ma promuove un dibattito su laicità e diritti. Non pretende neanche di dare giudizi sul dettaglio dei programmi elettorali, che sono importanti ma molto meno delle pratiche effettive precedenti.

La laicità è un principio “supremo” ma poco praticato; garantisce la libertà di ogni credenza, ma non l’utilizzo di dogmi (religiosi e non solo) nella sfera pubblica. Ampio accesso ai media e privilegi economici consentono alla chiesa di condizionare la politica – sulle libertà di genere, sul fine vita, sul diritto all’aborto – proponendosi (e imponendosi) come “autorità morale” che precederebbe (limitandola) l’autodeterminazione dei cittadini.

Complessivamente la Politica (quella con la maiuscola, che discute di sistemi e strategie) è scomparsa da tempo, sostituita dalle schermaglie politiciste (tra modesti e provvisori leader) e dall’amministrazione dei tecnocrati (che ci ripetono there is no alternative). Ciò nonostante, in materia di laicità, i partiti di centro e di destra esprimono un po’ di identità, un “pieno” di tipo clericale; invece gli altri mostrano un “vuoto” di laicità, più precisamente (alcuni, talvolta, in parte) indicano temi laici ma non una posizione, una visione del mondo, coerentemente laica.

L’incontro al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini è stato organizzato in collaborazione con la Fondazione per la Sussidiarietà (che raccoglie ampia partnership di banche, imprese sanitarie, enti cattolici) e con l’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà  (circa 200 parlamentari – da FdI al PD, da Giorgetti a Speranza – coordinati dal ciellino Lupi); hanno partecipato: Di Maio, Letta, Lupi, Meloni, Rosato, Salvini, Tajani, moderati da Luciano Fontana, Direttore del Corriere della Sera.

Il principio di sussidiarietà è nato a fine ‘800 come reazione della chiesa cattolica alla perdita del potere temporale ma ha trovato oggi nuovi spazi nella globalizzazione, convergendo con l’antistatalismo del neoliberismo compassionevole e del federalismo divisivo leghista, alimentando così le disuguaglianze e erodendo i diritti civili, politici e sociali dei cittadini.

“La sussidiarietà è un principio di organizzazione sociale che riguarda i rapporti tra istituzioni, formazioni sociali e cittadini. La sussidiarietà afferma la priorità delle iniziative che nascono ‘dal basso’ – dalle persone e dai gruppi sociali – per la realizzazione del bene comune e impone ai livelli superiori di non sostituirsi a quelli inferiori, ma di sostenerli e svilupparli” – questa è la definizione della Fondazione per la sussidiarietà e di varie encicliche – tradotto in sostanza: privatizzare ma con i finanziamenti pubblici.

Il principio di sussidiarietà, inserito in Costituzione con la disastrosa riforma del Titolo V, sta erodendo il welfare universalistico, con l’autonomia differenziata regionale, con la sanità convenzionata, con la scuola paritaria, con la privatizzazione dei servizi scaricati sul Terzo settore.

Anche nel confronto con Letta sul Corriere, Giorgia Meloni ha dichiarato orgogliosamente che il suo riferimento è il principio di sussidiarietà (come il federalista divisivo Salvini, come il custode della dottrina sociale cattolica Bergoglio); su questo piano talvolta il PD (e non solo) si trova in imbarazzo, ma – visto che è stato il centrosinistra a “riformare” il Titolo V e a introdurre la scuola “paritaria” – non può che contrapporre un debole “vuoto” a un pessimo “pieno”.