1. Finalità del codice

1.1 ArciAtea adotta un codice di condotta per individuare le tipologie delle eventuali divergenze che possono esprimersi nel suo dibattito interno;

1.2 per raccomandare condotte ritenute virtuose nell’ambito del dibattito interno all’associazione, fermo restando quanto previsto dallo statuto e dal regolamento;

1.3 per garantire e regolamentare il pluralismo interno, sulla base dell’identità dell’associazione e nei limiti di quanto ArciAtea ha indicato formalmente e praticato nel corso della sua esistenza.

2. Tipologie delle divergenze

2.1 Nelle grandi associazioni è quasi inevitabile che emergano nel tempo orientamenti differenziati ed è necessario regolamentarne l’espressione sedimentando una cultura organizzativa, per evitare che un’eventuale lotta interna “per bande” si possa concludere “senza vincitori”, con l’implosione dell’associazione; tale rischio può presentarsi con maggiore gravità, data la tradizione recente e la scarsità delle risorse, anche nelle associazioni piccole e giovani qual è ArciAtea;

2.2 le eventuali divergenze non sono tutte dello stesso tipo; possono essere sintetizzabili, e quindi rappresentare una “ricchezza” perché vivacizzano il dibattito interno; o comunque non problematiche, perché riguardano aspetti marginali e non incidono negativamente sull’attività;

2.3 le divergenze possono anche essere problematiche, in quanto rischiano di deviare molte delle (scarse) risorse dell’associazione dall’iniziativa esterna al dibattito interno; o addirittura laceranti, se si cristallizzano e si esprimono in schieramenti, personalismi, correnti.

3. Condotte raccomandate

3.1 È compito di tutti i soci e in particolare dei componenti del Consiglio Direttivo favorire il dibattito in sintesi e cercare di evitare quello in antitesi;

3.2 non esistono principi o regole formali che possano escludere in assoluto la degenerazione del dibattito interno; possono però essere promosse condotte che favoriscano la sintesi e scoraggino l’antitesi, basate:

3.2.1 sull’etica della responsabilità e non dei principi, considerando sempre le conseguenze concrete di ciò che si propone;

3.2.2 sulla semplificazione e non sui formalismi, considerando sempre il rapporto costi/benefici di ciò che si propone;

3.2.3 sulla trasparenza e sull’esplicitazione dello scopo delle proposte, per consentire il contraddittorio favorendo così la sintesi e delimitando i casi in cui la sintesi non sia realizzabile;

3.2.4 sulla critica diretta ed esplicita, ma non offensiva in quanto riferita sempre al merito e non alla persona, da accettare o respingere discutendo;

3.2.5 sulla fiducia e non sul sospetto, esaminando apertamente e intervenendo su possibili conseguenze implicite;

3.2.6 sulla solidarietà del gruppo dirigente, privilegiando il lavoro di squadra, ferma restando la responsabilità individuale;

3.2.7 sul rispetto verso chi mantiene una posizione di minoranza e sulla lealtà nell’applicazione delle decisioni prese a maggioranza.

4. Gestione del pluralismo

4.1 Il pluralismo dei soci, espresso su base programmatica, deve essere sempre rappresentato nel Consiglio Direttivo (nella funzione direttiva);

4.2 può esserlo anche nella funzione esecutiva (presidente, segretario, redattore, ecc.) purché le eventuali divergenze non impediscano la sintesi e consentano un governo unitario (esecutivo pluralista unitario);

4.3 se invece i rapporti tra maggioranza e minoranze assumono la forma del rapporto tra maggioranza e opposizioni (con ostruzionismi e voti di fiducia, con tattiche di logoramento, ecc.) è inevitabile che il pluralismo resti rappresentato solo nella funzione direttiva e non in quella esecutiva (esecutivo non pluralista), ma bisogna cercare di superare questa soluzione sub-ottimale ripristinando appena possibile un esecutivo pluralista unitario.

(approvato dall’Assemblea dei soci del 27 gennaio 2022)