Marta Cartabia è stata eletta presidente della Corte Costituzionale, la prima donna a occupare questa importante carica, la quarta della Repubblica.

Marta Cartabia è considerata vicina a Comunione e Liberazione.
Solo un esempio: dopo aver citato Benedetto XVI, Cartabia afferma che: «I cd. “nuovi diritti” si alimentano di una concezione in cui l’uomo è ridotto a pura capacità di autodeterminazione, volontà e libera scelta. L’uomo è inteso come individuo sciolto da ogni relazionalità, sociale e trascendente, e la sua unica capacità di espressione è individuata nella libertà, a sua volta ridotta a mera facoltà di scegliere. È così che si arriva persino ad affermare il “diritto a non nascere” o il “diritto a darsi la morte”, il cui effetto è la negazione del soggetto stesso. Fuori da una concezione creaturale [di dipendenza dal divino] in cui l’uomo è diretto rapporto con l’infinito, non si dà dignità umana e i diritti, anziché costituire la massima valorizzazione della persona, aprono la strada al suo annientamento.»

Cioè, dignità e diritti sono subordinati alla “legge divina” (interpretata monopolisticamente dalla chiesa): non male per la massima “custode” della Costituzione repubblicana laica!

Dato che non dobbiamo limitarci a un ruolo da tifosi, monodimensionale come un interruttore on/off, a un like/dislike, dobbiamo considerare che fino al 1963 le donne non potevano accedere alla magistratura!
Non basta stabilire la parità formale per superare millenni di discriminazioni verso le donne, occorre anche promuovere la parità effettiva, con azioni positive finalizzate all’emancipazione femminile, e una maggiore presenza delle donne nei ruoli apicali è comunque un aspetto positivo, anche quando la persona indicata non ci piace, perché pretendere che sia “perfetta” tradisce l’idea che la parità di genere sia ancora considerata “eccezionale”, che le donne debbano dimostrare un “di più“ rispetto agli uomini.

Pur con questa ambivalenza, non riusciamo a sentirci soddisfatti.