Vedi il video dell’evento sul canale YouTube di ArciAtea (vedi anche le playlist del canale).
Dall’introduzione di Giancarlo Straini, dell’associazione di promozione sociale ArciAtea rete per la laicità, una associazione nata da poco, che si sta diffondendo in varie regioni e che si occupa di laicità, di diritti con logica intersezionale e interculturale, di divulgazione scientifica.
Stasera parleremo di secolarizzazione e rinascita religiosa, con Vittorio Bellavite, che fa parte di Noi siamo chiesa e con il sociologo Marco Marzano, dell’Università di Bergamo, autore di La chiesa immobile, edito da Laterza, e autore di molti articoli sui principali quotidiani, non solo italiani.
Abbiamo già avuto occasione di parlarci da remoto sulla figura di papa Francesco, con diverse valutazioni sulla sua volontà e capacità di riformare la chiesa – potete trovare la registrazione di questo incontro sul canale youtube di ArciAtea – e in quella occasione abbiamo deciso di affrontare il tema controverso della secolarizzazione oppure della rinascita religiosa, chiedendo a Marco Marzano di illustrarci cosa dicono in materia, in generale, i sociologi, e in particolare cosa pensa lui. Incomincio io a interrogare Marco Marzano dal mio punto di vista ateo, poi interverrà Vittorio dal suo punto di vista religioso.
Parto da quello che sembra un paradosso: la partecipazione ai riti è in drastico calo, soprattutto tra i giovani, però la presenza della chiesa – in particolare del papa – nei media e nella sfera pubblica è crescente. Dunque, procede la secolarizzazione? Oppure stiamo assistendo a una risacralizzazione? A una revanche de dieu (rivincita di dio) come sostiene Gilles Kepel?
Forse la risposta più corretta – o almeno questa è la congettura che sottopongo a Vittorio Bellavite e al sociologo Marco Marzano – è che stiamo attraversando un periodo di cambiamento caratterizzato dalla scomposizione delle diverse dimensioni del fenomeno religioso. La religione è il combinato disposto di diverse dimensioni: quella della devozione, della dottrina, dell’organizzazione, della politica, della fede, dell’etica, della comunicazione. Provo ad esaminare queste dimensioni, ma in modo molto schematico, per non farla troppo lunga.
– Come dicevo, la devozione, le pratiche religiose, la partecipazione ai riti, sono in netto calo, soprattutto tra i giovani.
– La dottrina, la teologia, la spiegazione del rapporto con la sfera ultraterrena, è invece stabile, rigida e, almeno a me, appare irriformabile.
– La chiesa come organizzazione, come istituzione, appare altrettanto rigida, incapace di rinnovarsi; e ha anche difficoltà di reclutamento.
– La prospettiva politica si divarica, come altrove, tra un cosmopolitismo globalista (soprattutto in Vaticano) e un comunitarismo sovranista (prevalente tra molte Conferenze Episcopali, a partire da quella degli Stati Uniti).
Forse è anche una specializzazione funzionale tra chi deve “rappresentare” il mondo (il papa) e chi un territorio (i vescovi), ma io ci vedo anche un adattamento politico al globalismo (prevalente in Europa) e al sovranismo (forte nell’America di Trump).
Non so se definire tutto questo una ripoliticizzazione della religione o una sacralizzazione della politica (forse entrambe le cose).
– Poi c’è la dimensione della fede, l’atteggiamento spirituale intimo, cioè il rapporto individuale con il sacro, che anch’esso si divarica tra scetticismo, fondamentalismi e religiosità a bassa intensità (quella che è stata chiamata “appartenenza senza credenza”).
– C’è anche la dimensione dell’etica, le regole di comportamento, l’ideologia, la visione del mondo, che funzionano da collante sociale.
Le religioni hanno occupato lo spazio lasciato vuoto dalla crisi del socialismo (cioè la speranza, rivoluzionaria o riformista, in un futuro migliore).
Sembra che l’élite dominante, che ha cavalcato il pensiero debole e postmoderno per combattere e sconfiggere il socialismo, si accorga ora che per governare c’è bisogno di un orizzonte di senso. Quindi l’élite dominante diventa “devota” e torna ad usare la religione in funzione di stabilizzatore sociale, riconoscendone la presenza nella sfera pubblica, se non uno statuto privilegiato sul piano etico.
– Infine c’è la dimensione della comunicazione, che assume quindi grande importanza (e Bergoglio è bravissimo), anche se rischia una popolarità effimera.
In passato queste dimensioni (della fede, della devozione, della politica, ecc.) stavano insieme, in modo certamente articolato ma abbastanza organico. Oggi sembra che ogni dimensione segua una traiettoria autonoma, indipendente dalle altre, talvolta contraddittoria.
Quindi non ci sarebbe né una tendenza lineare alla secolarizzazione, né una lineare rivincita di dio, ma una “esplosione”, una scomposizione delle diverse dimensioni della religione.
Questa è la congettura, l’ipotesi di spiegazione che sottopongo alla discussione. Passo subito la parola prima a Vittorio e poi a Marco.