Può essere utile conoscere il dibattito interno alla chiesa sulla crisi della fede, sull’allontanamento dei giovani dai sacramenti, sull’uso della politica per inculturare, propagandare la fede.

Stralci da Armando Matteo, La prima generazione incredula, Rubbettino 2017:

«cosa pensare della recente tendenza, presente anche nel mondo giovanile, a una forma di appartenenza senza credenza (belonging without believing), ovvero al riconoscimento di un legame nei confronti della tradizione cristiana assunta essenzialmente quale fattore di identità culturale? […]

i giovani nutrono spesso sfiducia, indifferenza o indignazione verso le istituzioni. Questo non riguarda solo la politica, ma investe sempre più anche le istituzioni formative e la Chiesa, nel suo aspetto istituzionale. La vorrebbero più vicina alla gente, più attenta ai problemi sociali, ma non danno per scontato che questo avvenga nell’immediato. Tutto ciò si svolge in un contesto in cui l’appartenenza confessionale e la pratica religiosa diventano sempre più tratti di una minoranza e i giovani non si pongono “contro”, ma stanno imparando a vivere “senza” il Dio presentato dal Vangelo e “senza” la Chiesa, salvo affidarsi a forme di religiosità e spiritualità alternative e poco istituzionalizzate o rifugiarsi in sette o esperienze religiose a forte matrice identitaria. […]

è l’ora di un vero e proprio “cambiamento di pastorale”. […]

I segni più evidenti di una tale incredulità e anaffettività nei confronti di Dio e della Chiesa sono almeno tre: una profonda ignoranza della cultura biblica; una scarsa partecipazione alla formazione cristiana post-cresimale; una notevole disinvoltura nel disertare l’assemblea eucaristica domenicale. […]

La fede non si presenta mai sulla scena della storia nella sua purezza evangelica, ma sempre attraverso mediazioni di tipo culturale che permettono una sua possibile comprensione agli uomini e alle donne di tempi e di spazi di volta in volta differenti. È il lavoro mai concluso dell’inculturazione della fede, vera base di ogni suo annuncio.»