Matteo Salvini, per un lungo periodo, ha dettato l’agenda (agenda building), cioè è riuscito a “imporre” alle istituzioni e ai mezzi di comunicazione come prioritari i temi che portavano consenso al proprio schieramento e mettevano in difficoltà gli avversari.
Anzi, spesso, l’antisalvinismo ha involontariamente fatto il gioco di Salvini, perché i suoi avversari, pur contrastandone l’interpretazione (framing), confermavano la priorità del tema (issue).
In altri termini, si continuava a parlare prioritariamente del tema “immigrazione” anche con il contributo di chi contestava l’interpretazione che ne dava Salvini.
Gli avversari, a causa della loro debolezza politica e culturale, non sono stati capaci di mettere al centro dell’agenda i temi a loro favorevoli (per esempio la sanità pubblica) e si sono ridotti a tifosi antisalviniani (in precedenza antiberlusconiani), incapaci di proporre una loro visione e una agenda alternativa, anche perché alcuni “rappresentanti” della sinistra vivevano della visibilità sui media solo in quanto tifosi “antisalviniani” e “umanitari” e non erano disposti ad adottare una politica che nel breve li avrebbe “oscurati”.
Poi Salvini, con le dimissioni da ministro, ha azzardato una “spallata” che gli si è ritorta contro.
Infine, la macchina propagandistica di Salvini si è inceppata del tutto con l’arrivo del coronavirus, che ha drammaticamente imposto la sua centralità e oscurato tutto il resto.
Oggi Salvini tenta di “bucare” i media con la sua invocazione pasquale al cuore immacolato di Maria, sbattendosene dei polmoni lesionati dei padani, che peraltro vengono (anzi, se ne vanno) prima degli italiani.
Salvini dice a se stesso che Salvini val bene una messa, anche se mette in imbarazzo il suoi governatori più “rigoristi”, anche se rischia di perdere qualche altro anziano elettore. Ma che importa: cosa non si fa pur di apparire.