con Franco Capone (giornalista scientifico), Davide Delpiano (archeologo unife), Fabio Bona (paleontologo), alla Casa della cultura. di Milano; ha coordinato Giancarlo Straini.

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– Franco Capone è un giornalista specializzato in antropologia, storia, etologia e paleontologia. Ha curato la comunicazione del Museo di Storia Naturale di Milano ed è stato inviato per la rivista “Natura Oggi” e vice caporedattore di “Focus”.

– Davide Delpiano è un archeologo dell’Università di Ferrara impegnato in alcune importanti grotte venete, come la Grotta di Fumane e quella della Ghiacciaia. È autore di un trattato sugli utensili dei Neanderthal e ha recentemente studiato l’eccezionale presenza di strumenti di tipo neanderthaliano in Cina.

– Fabio Bona è un paleontologo che tiene corsi a contratto con l’Università di Milano. Le sue ricerche di archeozoologia lo hanno portano a scoprire e documentare la presenza in grotte e ripari della Lombardia dell’uomo di Neanderthal, includendo anche questa regione fra quelle italiane frequentate dal nostro “fratello estinto”.

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Stralci dall’intro di Giancarlo Straini:

Il libro di Capone è rigoroso ma di scorrevole lettura, e come avviene con la buona divulgazione scientifica, fornisce uno sguardo multidisciplinare, mette in comunicazione gli approcci delle diverse discipline scientifiche: paleoantropologia, archeologia, archeozoologia, biologia, genetica, etologia, antropologia fisica e culturale, etnografia, ecc.
Vista l’ibridazione che possiamo rilevare nel nostro patrimonio genetico, sappiamo con certezza che Neanderthal e Sapiens hanno avuto rapporti sessuali. Più complicato, ma non impossibile, è capire quale ibridazione culturale c’è stata tra le due specie.
Anche molte specie animali non umane adottano comportamenti per imitazione o comunque socialmente appresi, ma ancora più sono gli esseri umani che si plasmano culturalmente, non solo biologicamente. Questa antropo-poiesi, cioè i processi mediante i quali gli uomini si definiscono come soggetti sociali e forgiano forme diverse di umanità, non caratterizza solo Homo Sapiens.
Il processo di costruzione culturale alla base delle varie identità umane può essere esteso anche ai Neanderthal, e questa è la novità espressa nel libro di Capone. Anche i Neanderthal avevano diverse realtà etnolinguistiche, e svilupparono, parallelamente ai Sapiens, notevoli capacità tecniche e simboliche.
Homo neanderthalensis – ovviamente – non ci ha lasciato libri e filmati, ma tramite le ricerche
delle varie discipline scientifiche abbiamo indizi su cui fondare ricostruzioni solide, almeno finché nuove scoperte non ci consentiranno di precisare o modificare quelle attuali.
Cito dalla prefazione dell’illustre antropologo Francesco Remotti: «sembra imporsi non già una netta contrapposizione tra le due specie (Sapiens contro Neanderthal e viceversa), con l’effetto di un reciproco respingimento o di sterminio. Affiora invece una dialettica circostanziale tra gruppi, alla fine della quale vi sarebbe stata non un’estinzione violenta e traumatica dei Neanderthal, bensì una loro progressiva assimilazione e assorbimento da parte dei Sapiens più numerosi».
Una rappresentazione – aggiungo io – socialmente articolata tra competizione e cooperazione; molto più convincente dei pre-giudizi basati sul cd darwinismo sociale, che dipingono l’uomo come “essenzialmente”, “per natura” homini lupus.

Nel libro affronti anche la questione del sacro dei Neanderthal. Per evitare equivoci precisiamo che per sacro, diversamente dai religiosi, non si intende l’essenza delle religioni; e neanche si intende, alla Durkhaim, il sacro come una classificazione delle cose reali e ideali che distinguono, appunto, il sacro dal profano: il sacro, ovvero ciò che ha un carattere di assolutezza e di irriducibilità, che è separato, recintato, dal profano, ovvero ciò che sta fuori dal tempio.
Ma è possibile darne una lettura più basilare, cognitiva e normativa, cioè il sacro come schema cognitivo e comportamentale di fronte a ciò che spaventa ma anche affascina, che è avvicinabile solo con particolari comportamenti ritualizzati.
Nel libro si citano ricerche che mostrano come anche gli scimpanzé possono provare meraviglia e rispetto di fronte a fenomeni naturali. Cito: «il sacro nasce proprio dalla capacità di essere affascinati e di reagire con azioni codificate, per rispettare e rendersi “amici” certi fenomeni magnificenti della natura».
Dunque sapere, almeno alla luce delle conoscenze attuali, che i Neanderthal non hanno sviluppato un’arte figurativa, non deve farci escludere un loro rapporto con il sacro, semmai interrogarci su quali differenze si possono ipotizzare tra il sacro dei Neanderthal e quello dei Sapiens.