L’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu – l’Arcivescovo Ivan Jurkovič – ha criticato la Relazione presentata nella 43ma sessione del Consiglio dell’ONU per i diritti umani.
“È inaccettabile e offensivo – sostiene Jurkovič – che la libertà di religione, di credo e l’obiezione di coscienza debbano essere secondarie rispetto ad altri cosiddetti diritti umani” (l’Osservatore Romano del 6/3/20 pag. 3).
Per comprendere correttamente Jurkovič (che dice le stesse cose di Bergoglio, Ratzinger, ecc. sui “cosiddetti diritti umani”) dobbiamo però attivare il traduttore dal vaticanese, per imparare a riconoscere i tanti scippi semantici con cui ci aggrediscono (vedi anche il nostro Imbrogli e scippi semantici).
Per noi mortali laici la libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri, invece nella neolingua vaticana la libertà è quella che si sottomette alla Verità, cioè alla parola di dio (autenticamente interpretata dalla chiesa, è ovvio).
Concepire la libertà come sottomissione è un problema limitato finché resta solo un cattivo esempio, finché resta una sadomasochistica scelta individuale, ma la chiesa cattolica ha la pretesa (tenuta solo parzialmente a bada dalle nostre Costituzioni) di uniformare il mondo al suo credo, per cui “libertà religiosa” si traduce dalla neolingua vaticana con “pretesa di sottomissione e privilegi”.